Ho riflettuto a lungo prima di scrivere questo post.
Talvolta di fronte alla deriva e al clamore mediatico assunto da una notizia atroce qual è quella di una violenza sessuale perpetrata da un gruppo di giovani su una giovane donna, il silenzio della riflessione è una forma di rispetto, del suo dolore e di quello delle persone che la circondano.
Ma questa mattina l’ennesimo titolo di giornale, un pugno nello stomaco leggere la denuncia di un altro stupro, ancora di gruppo, ancora da parte di un branco di giovani, quasi tutti minorenni, che hanno abusato di due cuginette di soli 13 anni.
In entrambi i casi hanno avuto il coraggio di denunciare, speriamo che almeno serva a qualcosa. Lascio a chi di dovere punire, senza se e senza ma, gli autori degli stupri, ma non smetterò mai di dire che quanto accaduto, come ogni terribile volta che una donna è costretta a subire qualsiasi forma di abuso, ferisce profondamente l’intera comunità e che diventa sempre più prioritario un patto educativo tra scuola, famiglia e le istituzioni tutte, che possa rappresentare un punto di ripartenza per tentare di bloccare questa deriva.
Progetti di educazione alla sessualità e alla affettività vanno ripensati ed inseriti in tutti i contesti educativi. Su questo aspetto sto lavorando, così come su tanti altri contenuti mirati, per il progetto di parere “Fermare la violenza di genere – le città e le regioni sono in prima linea” che sto formulando su incarico della Commissione Sedec del Comitato delle Regioni Europee, di cui faccio parte come rappresentante del gruppo Renew Europe.