“Il deferimento alla Corte europea per l’eccessivo uso di contratti a termine e la discriminazione salariale non sono altro che l’ennesima conferma dell’incapacità di riformare il metodo di reclutamento del personale e di stanziare risorse adeguate”
Abuso del precariato. Uso eccessivo di contratti a termine e discriminazione salariale del personale precario rispetto a quello in ruolo: non mi stupisce la notizia di ieri che vede l’Italia deferita alla Corte europea su due questioni che incidono pesantemente sulla stabilità del lavoro del personale della scuola, docente e non docente, nonché sulla qualità didattica del nostro sistema scolastico.
A poco servono le giustificazioni del Ministro Valditara, che difende l’impegno del Governo puntando il dito sulla rigidità della riforma del PNRR – che prevede l’assunzione di 70mila docenti con i nuovi concorsi, limitando così la stabilizzazione dei precari – quando, a distanza di anni dall’inizio della procedura di infrazione avviata dalla Commissione Europea con due lettere di diffida nel 2019 e 2020, chi ci governa non è stato in grado di presentare un piano strutturale di riforma del metodo di reclutamento del personale, ma solo di tamponare tale sua incapacità di prevenire con una norma sanzionatoria che prevede il raddoppio dell’indennizzo in caso di abuso di contratti a termine, ovvero oltre i 36 mesi”.
E quando, come sottolinea ancora Bruxelles, la normativa italiana “non prevede una progressione retributiva basata sui periodi di servizio precedenti”, lo scatto di anzianità a cui hanno diritto gli assunti a tempo indeterminato, ma non quelli precari, che si traduce in una vera e propria discriminazione.
Peraltro, i docenti in ruolo in Italia percepiscono già una retribuzione notevolmente più bassa rispetto agli altri europei: nel 2023, poco più di 31mila euro l’anno contro, ad esempio, i 49mila della Germania.
Intanto – dati Tuttoscuola – il numero dei precari è cresciuto dalle 212mila unità nel 2021 fino ai 235 mila, ovvero uno su quattro a livello nazionale e anche nella nostra Umbria. Tanto che, anche all’inizio di questo anno scolastico, come non avevo mancato di sottolineare abbiamo assistito ad un notevole balletto di cattedre, di professori che si avvicendano, di posti in organico non coperti, vanificando la progettualità di lungo periodo da parte della governance delle scuole e andando ad inficiare la continuità didattica per i ragazzi, in particolare per i disabili”.
Ci auguriamo che chi ci governa – conclude Porzi – la smetta di trattare la nostra scuola come una cenerentola, quando è urgente mettere mano complessivamente ad un sistema che è tra i pilastri della crescita delle nuove generazioni e dello sviluppo socio-economico di un Paese che, dall’Europa, non dovrebbe prendere lezioni.