Battere la destra sovranista e oscurantista, attraverso l’elaborazione e l’attuazione di un progetto politico-economico ampio e moderno, per costruire uno sviluppo equilibrato e sostenibile ma soprattutto equo dal punto di vista ambientale e sociale. Questo è l’obiettivo primario che deve porsi in maniera sempre più decisa un grande Partito di riformatori quale dovrebbe essere il PD, sia a livello nazionale dove è forza di governo, sia qui in Umbria dove costituisce il nucleo più consistente della compagine di opposizione.
È indubbio che il Pd stia attraversando una fase difficile in Umbria come a livello nazionale.
Tra scissioni recenti e altre un po’ più datate, si è consumata la lenta crisi di un Partito che, nato per raccogliere e dare una “casa” alle forze del riformismo italiano, ha cominciato a logorarsi in una digressione sterilmente leaderistica inconciliabile con l’idea di comunità, e di comunità politica articolata che dovrebbe caratterizzare il PD.
In questi ultimi tempi stiamo lentamente tradendo questo pluralismo trascurandolo in favore di un unitarismo che rischia di sconfinare nell’uniformazione. In Umbria la componente popolare, cattolica, moderata e laico-riformista alimentata dalla tradizione socialista, è stata quella che ha fortemente contribuito a permettere alla sinistra di essere forza di Governo.
E’ innegabile che le sole sfumature di rosso non sono mai state e non saranno mai sufficienti per ottenere la maggioranza di governo nella nostra Regione, senza tutti quei cittadini moderati, cattolici e laici che non si riconoscono nella sola sinistra non si tornerà mai a vincere.
Un Partito come il PD, dovrebbe, per sua natura tendere a valorizzare le differenze, lo ha fatto nel passato ottenendo grandi vittorie e scrivendo pagine di buona politica.
Le disfunzioni che hanno rovinato i processi di confronto non possono essere la scusa per rinnegare la nostra natura plurale e tendere ad uniformare il pensiero politico perché ciò significherebbe tentare di correggere un errore con un altro errore.
La risposta alle distorsioni non può essere evitare e negare il confronto quanto semmai, rivedere gli intenti e le disposizioni con cui ci si approccia al quel confronto, introducendo, al posto di intolleranza e sopraffazione, maggiore tolleranza e solidarietà rispetto ai compagni di viaggio che propongono ragionamenti diversi.
Si deve riuscire a garantire ad ogni riformatore di cultura popolare la pluralità, questa la condizione per arginare le emorragie; la continua nascita di liste civiche ne è la tangibile testimonianza. Il partito democratico ha bisogno dei cattolici, dei riformatori per ritrovare l’entusiasmo e lo slancio per tornare forza di Governo. Su questo sfido tutti a rielaborare un progetto, capace di guardare con prospettiva al futuro della nostra regione, attraverso una visione per l’Umbria, la regione delle aree interne per antonomasia che fonda la sua economia sul turismo, sull’enogastronomia e sui prodotti di eccellenza, capace di saperle valorizzare e portare alla massima potenza.
Ritengo che questa riflessione sull’oggi e, soprattutto, sul domani del PD ci debba riguardare in maniera ampia e profonda a partire dal congresso. Un congresso vero dove si parli del rilancio della regione, della tutela del lavoro, degli investimenti nella sanità territoriale, dell’economia verde. Noi cattolici, riformatori, moderati del Pd ci stiamo organizzando per esserci, per portare le nostre tesi sempre che ci sia la possibilità di trovare ancora una piazza veramente democratica.
Dopo la crisi e le vicende che nello scorso hanno portato alla fine anticipata della X legislatura, il gruppo dirigente di questo nostro Partito ha il dovere di aprire una riflessione sul proprio futuro. Una riflessione che coinvolga tutti quelli che, sia pure con sensibilità e culture diverse tra loro, intendono spendere il proprio impegno politico in questo Partito. Senza censure, evitando atteggiamenti escludenti. Questo a partire dal tesseramento e dalle garanzie previste dal regolamento recentemente approvato dalla direzione nazionale, un congresso vero senza furbate e forzature tese ad escludere quelli che ci guardano con interesse ma anche con ragionevole timore. L’obbiettivo è creare una classe dirigente pronta a sostituire questa destra con i limiti già dimostrati sul piano amministrativo e tendenze preoccupanti sul piano politico e non ottenere il controllo del partito grazie alla partecipazione di pochi.
Rispetto a tutto ciò ritengo che un Partito come il nostro, con una lunga tradizione di governo che lo ha reso protagonista dello sviluppo della nostra Regione, che ha garantito equità sostenendo le fasce più deboli, che ha investito nella cultura e in un progetto preciso di Umbria che oggi la rende una Regione accogliente, non possa accontentarsi solo di una opposizione urlata, episodica, frammentata e in favore di telecamera. Con questo tipo di opposizione il centro destra è stato minoranza per 50 anni.
Ciò che serve è una efficace azione tesa a ricostruire un programma autenticamente riformatore, allargare il campo a partire dalla società civile, dalle associazioni, dalle associazioni di categorie e che acquisti forza e dignità nella discussione politico-istituzionale. Questo, a mio giudizio, è l’impegno verso cui tutti insieme dovremmo tendere.
Per far ciò, occorre discutere, confrontarsi, scontrarsi se necessario; ma con la sana intenzione costruttiva di cercare sempre e costantemente la composizione dei conflitti anziché la loro esasperazione; con l’intenzione di comprendere i nostri interlocutori anziché quella di imporre arbitrarie convinzioni spesso strumentali.
Il congresso che ci accingiamo a celebrare sarà, come sempre, il momento fondativo di una nuova fase. Per questo è essenziale, al fine di garantire l’esistenza del Partito, che sia un congresso ampiamente inclusivo, aperto al confronto e caratterizzato dal clima costruttivo del reciproco riconoscimento. Ritengo vitale, per il Partito, che si ricerchi la più ampia partecipazione possibile ad un simile momento evitando di ridurlo alla sola alternanza generazionale, che spesso nasconde la logica del “togliti tu che arrivo io”.
Sono convinta che sia giunta l’ora quindi, di tutelare la nostra dignità politica in maniera forte e chiara dando forza e sostanza alla nostra azione riformatrice, quella vocazione che recentemente hanno rievocato tutti i padri nobili e fondatori del Partito democratico consapevoli dei pericoli che ci attendono nel prossimo futuro.