In qualità di vicepresidente della Commissione regionale d’inchiesta contro il femminicidio e la violenza di genere, ho scritto una lettera alla Presidente Manuela Puletti per sollecitare la convocazione, nell’immediato, di un incontro interistituzionale.
Di fronte alle quasi 500 misure cautelari, più di una al giorno, emesse in un anno in Umbria e ai tragici episodi di violenza che si sono susseguiti in questi giorni nel nostro Paese e nella nostra regione, con stupri di gruppo commessi da giovani e giovanissimi su vittime adolescenti o poco più che bambine, abbiamo il compito di lavorare in fretta per rafforzare la sinergia tra tutti gli attori che, a vario titolo, possono contribuire, insieme alla nostra Commissione, ad arginare questo fenomeno.
Sono convinta che più di ogni altra cosa sia prioritario collaborare per favorire la denuncia e l’emersione dei casi di violenza accompagnando le vittime in questo processo, ma sarà fondamentale operare sul fronte dell’educazione e della formazione nell’ottica di rafforzare gli strumenti di prevenzione, senza i quali non saremo mai in grado di sconfiggere questo male.
Dovremo essere in grado, inoltre, di coniugare le azioni che riusciremo a mettere in campo su scala regionale con le misure annunciate a livello nazionale dal Governo, che intende procedere con una stretta nei controlli e nell’inasprimento delle pene, e una commissione parlamentare d’inchiesta bicamerale, finalmente concretizzata, che si occuperà di rafforzare le misure di monitoraggio ed analisi di tali fenomeni, sempre nell’ottica della formazione e della formazione. Nel frattempo sarebbe opportuno che la Giunta regionale si impegni ad applicare la legge vigente in materia approvata nella scorsa legislatura.
Di seguito la lettera alla presidente Manuela Puletti:
Cara presidente Puletti,
sai con quanta determinazione ho proposto e voluto l’istituzione di una Commissione di inchiesta contro il femminicidio e la violenza di genere in Umbria, convinta che rappresenti un salto di qualità rispetto alla necessità di mantenere sempre alta l’attenzione su questo fenomeno e di individuare gli strumenti adeguati a contrastarlo.
Con altrettanto spirito costruttivo ti comunico che in qualità di vicepresidente ho intenzione di sollecitare la convocazione nell’immediato, nei primi giorni di settembre, di un incontro istituzionale con tutti gli attori locali che, a vario titolo, possono contribuire alla programmazione e allo svolgimento dell’attività della Commissione, così da fare il punto e renderli consapevoli di quanto è stato fatto fino ad oggi dalla Regione per gestire una situazione sempre più grave e raccogliere proposte e suggerimenti.
Non avevamo bisogno del clamore di due stupri di gruppo commessi senza pietà a Palermo e a Caivano, né di quelli che a luglio, a distanza di pochi giorni, si sono verificati a Ponte San Giovanni e a Castiglione del Lago, nella nostra regione – dove quasi quotidianamente sui media passano notizie di aggressioni di vario tipo su ragazze e donne da parte di ex fidanzati e compagni -, per comprendere che tutti noi siamo chiamati ad accelerare per dare risposte immediate.
Colpiscono amaramente l’aumento delle violenze ad opera del branco, spesso durante momenti che dovrebbero essere di divertimento, e il fatto che sempre più spesso le persone coinvolte, sia i carnefici sia le vittime, siano giovani e giovanissimi, adolescenti e bambini, a significare che si sta abbassando l’età di chi commette violenza contro le donne. Tra giugno 2022 e luglio 2023 le tre Procure umbre hanno chiesto ed ottenuto 487 misure cautelari, più di una al giorno, nei confronti di compagni e mariti che picchiano, minacciano e perseguitano donne costrette a vivere nella violenza fisica e verbale. Sono certa che nella nostra regione non esistono sacche di disagio e povertà educativa in cui si radica una pervasiva cultura dello stupro e della violenza sulle donne, ma non è solo questione di fattori di rischio se, come vediamo da tante denunce, questi episodi avvengono anche in contesti molto benestanti.
Cara presidente, occorre avere consapevolezza, la politica tutta, di quanto ogni ritardo sia grave ed inaccettabile e di quanto la nostra Commissione possa incidere sul fenomeno. Ad esempio, cogliendo positivamente il fatto che se sempre più episodi vengono a galla, forse è perché sempre più persone trovano il coraggio di denunciare. Un tavolo interistituzionale va nella direzione di favorire questa emersione, creando una sinergia reale e completa fra tutti gli attori coinvolti che, come abbiamo ripetuto più volte, appartenendo a mondi diversi spesso hanno difficoltà a dialogare tra loro. Dobbiamo parlarci e condividere anche una serie di codici volti a cogliere segnali e campanelli di allarme, spesso semplici atteggiamenti del corpo, per intercettare quello che per vergogna o per paura di essere stigmatizzati o colpevolizzati non viene detto. Dobbiamo agire sulla formazione e sulla preparazione di tutti gli operatori della filiera, comprese le forze di polizia e i giudici, per far sì che chi ha seguito pressioni o violenze abbia il coraggio di aprirsi e trovare conforto rivolgendosi alle famiglie, agli insegnanti, agli educatori, ai catechisti, ai centri antiviolenza, agli ospedali e a tutti coloro che incontrano nella loro vita. D’altra parte questa lente di ingrandimento volta a cogliere qualsiasi tipo di atteggiamento rappresenta anche un deterrente per coloro che commettono reati di violenza, consapevoli almeno di essere sotto osservazione. Anche loro, lo sappiamo bene, hanno bisogno di azioni educative e rieducative, fermo restando che la priorità tra le priorità resta sempre quella di occuparci delle vittime. Insieme alla prevenzione, che resta sempre lo strumento principale sul quale dobbiamo interrogarci per insegnare ai giovani empatia e rispetto, investendo poi su tutte le agenzie educative, non solo sulla scuola, perché questa da sola non può farcela.