Quale azienda privata riuscirebbe a sopravvivere ad un cambio continuo dei propri dipendenti? Come potrebbe essere efficace un pit stop in una gara di Formula uno il team dei meccanici non ha alcun coordinamento al lavoro di gruppo? E come può la scuola garantire la qualità dei percorsi formativi se un insegnante su quattro è precario e c’è un turnover continuo che mette a dura prova la sua tenuta?
I dati emersi da numerosi rapporti, tra i quali il report appena pubblicato dalla Uil, che ha messo a confronto gli anni scolastici 2015/2016 e 2023/2024, confermano un precariato nella scuola sempre più marcato nel nostro Paese.
In Umbria le cose non vanno diversamente: la percentuale dei docenti supplenti è salita dal 13 ad oltre 23 per cento, in pratica uno su quattro ha un contratto a tempo; quella del personale ATA dal 12,55 al 23,33 per cento; particolarmente critica la situazione per il sostegno, dove si sfiora addirittura il 65 per cento, con una crescita di poco inferiore ai 30 punti.
Alimentare il precariato significa accrescere l’incertezza sul proprio futuro di tanti lavoratori che, se non bastasse, restano senza stipendio per mesi – come realmente sta accadendo – e sono costretti a grandi sacrifici per pagare affitto o trasporti.
Significa ostacolare il lavoro della Governance della scuola, che fa fatica a condividere Piani e progetti di lungo termine con i docenti – pensiamo al PON – perché non c’è il tempo necessario per farlo.
Significa una discontinuità didattica che penalizza fortemente la formazione di ragazzi costretti a cambiare insegnanti anche nell’arco dello stesso anno scolastico, in particolare i soggetti più fragili e paradossalmente meno tutelati perché i docenti possono scegliere di lasciare il sostegno dopo 5 anni.
I numeri non sono altro che il frutto del fallimento di politiche scolastiche che continuano a tamponare i buchi in situazioni di emergenza. I prossimi concorsi sarebbero stati una buona occasione, ma è certo che i posti a disposizione non saranno sufficienti a coprire il gap attuale. Occorre prevedere sistemi di reclutamento più snelli e incrementare le risorse per le nuove assunzioni e per stabilizzare il personale già in forze.
Perché non attivare anche sistemi incentivanti per far sì che le persone siano motivate a restare, soprattutto per le tipologie di insegnamento che determinano maggior danno per gli studenti, qual è quella del sostegno? Crediamo davvero che ci costerebbe di più rispetto a quanto si sta spendendo ora per alimentare il precariato?